Nei giorni scorsi le agitazioni sindacali che hanno visto alcuni lavoratori salire sul tetto del nosocomio in segno di protesta per il taglio di 21 posti di lavoro previsto dal nuovo appalto per i servizi di pulizia.
Tutto inizia nel 2011 quando un’ATI formata da Cascina Global Service Srl e Markas Srl si aggiudicano l’appalto per i servizi di pulizia presso l’Ospedale San Camillo Forlanini. Dal 20122 al 2014 inizia una rocambolesca cessione di quote di appalto ad altre società (subappalti), facendo entrare nella corsa la Gedis Srl e successivamente la consorziata SGS Srls.
L’appalto in questione prevedeva l’assunzione di 281 unità, di cui 56 in capo alla SGS fin quando però il San Camillo ha cominciato a decurtare parte del canone complessivamente affidato alla SGS in seguito al trasferimento di alcuni reparti.
La diminuzione, del 13,23% a fronte del 20% affidato alla società, invece di essere ripartita tra tutte le appaltatrici e subappaltatrici – secondo quanto ci viene riferito- ha determinato la riduzione della commessa solo per la società in oggetto.
Arriviamo al 20 Gennaio 2016, quando presso l’assessorato al lavoro di Roma si tiene un incontro nel quale la società raggiungeva l’accordo per la cassa integrazione di 21 unità giustificata appunto dalla cessione dei reparti ospedalieri. Il 26 Maggio Il San Camillo al fine di scongiurare il licenziamento delle unità in esubero, chiedeva alle parti un incontro per cercare il riassorbimento nelle altre società dell’ATI originaria, con un nulla di fatto.
Un tempo infinito per i lavoratori, che arrivati al 4 di Agosto hanno visto il mancato accordo tra società e Comune e la lettera di licenziamento da parte dell’azienda per 21 unità.
Una situazione pesantissima per 21 persone, per le loro famiglie e per le sigle sindacali, UGL, CGIL, CISL, UIL che ad oggi chiedono ancora alle parti di rimettere mano all’accordo e procedere al riassorbimento delle unità in esubero. Richiesta che ad oggi però risulta senza alcuna risposta.