Due anni fa il buco da 8 milioni e il blitz della Finanza nella sede di Zagarolo. Da allora debiti raddoppiati, gestione a vista e dipendenti tutti a casa. In attesa che dalla Procura di Tivoli si capisca se esistano o meno irregolarità.
di Massimo Sbardella
Uffici chiusi, al Cep, stavolta in via definitiva. Dopo il distacco dell’Enel per morosità, il 7 marzo scorso, ora i battenti chiudono per sempre. Gli utenti che arrivano a Zagarolo con una cartella da pagare trovano sul vetro del portone di via della Stazione un foglio A4 che, con insolita naturalezza, annuncia che gli uffici sono chiusi al pubblico perché il Consorzio Enti Pubblici è fallito.
La richiesta di fallimento
“A seguito di una grave e prolungata crisi aziendale – si legge nella nota dell’amministratore unico Antonio Di Paolo – è stata chiesta al Tribunale di Tivoli la liquidazione giudiziale di Cep Spa, corrispondente al fallimento della precedente normativa sulla crisi d’impresa. La gravità della situazione ha anche imposto la l’immediata sospensione delle attività, comprese quelle di ricevimento al pubblico”.
A rischio le indennità di disoccupazione e i bilanci comunali
Una situazione assurda che, esplosa due anni fa sui principali mezzi di stampa e in televisione, si è trascinata agonizzante fino ad oggi, per giungere a quello che era in realtà l’epilogo annunciato da tempo. Purtroppo, nel frattempo, i debiti del Cep (che nel 2021 ammontavano ad 8 milioni di euro) sono quasi raddoppiati e a farci le spese sono in primo luogo i dipendenti. Se, da un lato, il “sistema di potere” ha ricollocato in qualche modo “gli amici”, nel limbo erano rimasti una decina di persone che, già senza stipendio da 6 mesi, rischiano ora di non poter fruire neanche dell’indennità di disoccupazione (visto che il Cep non versa loro i contributi previdenziali da quasi un anno). Sono preoccupati anche diversi comuni che, non avendo avuto dal Consorzio i soldi dei tributi incassati per proprio conto, difficilmente riusciranno a far quadrare i bilanci. In prima fila, in tal senso, c’è proprio il Comune di Zagarolo che dal Cep dovrebbe avere indietro quasi due milioni di euro.
Quel che lascia interdetti è che, dopo il mega buco emerso nel 2021, due anni fa la Guardia di Finanza sequestrò decine di faldoni negli uffici dell’ex presidente Gaetano Bartoli e dell’ex direttore generale Paride Pizzi. E’ vero che la giustizia è lenta ma che fine abbia fatto l’inchiesta non è dato sapere.
Il coniglio è rimasto nel cilindro
A livello di gestione, qualcuno ha pensato di poter risolvere ogni cosa nominando un nuovo Cda, con il commercialista Raffaele Ranaldi di Olevano Romano, l’ex segretario PD di Zagarolo, Oliviero Olivetti, e Maria Letizia Ficoroni di Artena. Purtroppo, però, i tre – nonostante i proclami iniziali – si sono dovuti presto arrendere e, dopo poco più di un anno, gettare mestamente la spugna per passare la patata bollente nelle mani dell’amministratore unico Antonio Di Paolo (che nel Cep svolgeva consulenze già da tempo). Ma anche Di Paolo non ha potuto fare altro che formalizzare il disastro finanziario, comunicando subito ai sindaci soci la presenza di 10 milioni e mezzo di euro di debiti (lievitati poi controllando meglio i conti) a fronte di poco più di tre milioni di presunti crediti. e, non trovando sostegno, avviare la procedura di fallimento. Insomma, la soluzione poteva essere il coniglio che, ahimé, è rimasto nel cilindro.
Calpestata la dignità dei lavoratori
Nel frattempo, purtroppo, i dipendenti sono stati costretti a continuare a lavorare senza stipendio e con l’obbligo della presenza (niente smart working), in barba alle più elementari regole di rispetto della dignità umana. E a nulla sono valsi i controlli dell’Ispettorato del lavoro, anche in questo caso fermi chissà dove in attesa di qualche provvedimento.
I Comuni vogliono risolvere ma le risorse non ci sono
“I comuni disponibili a proseguire il rapporto con il Cep – scrive ora Di Paolo nella nota inviata al Tribunale di Tivoli venerdì 24 marzo – risultano insufficienti per ipotizzare ricavi adeguati al soddisfacimento dei creditori”. “A prescindere dal piano industriale – sottolinea Di Paolo – risulta oggettivamente impossibile assicurare un minimo di continuità aziendale, atteso che anche i reiterati inviti e diffide ai comuni soci a liquidare alcune fatture non hanno avuto alcun riscontro”.
Dipendenti ancora in ostaggio del Cep
I dipendenti, anche adesso, sono ancora ostaggio dell’azienda in quanto, non avendo i contributi versati da aprile 2022, adesso rischiano che la Naspi eventuale, con le dimissioni per giusta causa o con licenziamento collettivo eventuale da parte dell’amministratore unico, possa essere richiesta indietro dallInps. E al danno si aggiungerebbe la beffa.
Aspettando la Procura di Tivoli
Un epilogo facilmente immaginabile dal 2021 che ha portato oggi alla chiusura degli uffici del Cep. Ora che l’agonia è finita restano da capire le sorti dei lavoratori e quelle dei comuni. Resta anche da attendere che, seppure lenta come sempre, la giustizia faccia il suo corso e si arrivi a comprendere se tutto il lavoro svolto dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Tivoli sugli atti poco chiari della gestione del Consorzio abbiano o meno dei responsabili da chiamare a rispondere su quanto accaduto.