di Alfonso Vannaroni
Mafia Capitale, la Commissione d’inchiesta parlamentare sconfessa Ignazio Marino: “Il sindaco chiese soltanto di ripianare i debiti”
L’ultimo schiaffo colpisce Marino quando il chirurgo dem non è più sindaco. Non lo molla l’avversario politico, né i consiglieri capitolini del Pd, né i vecchi alleati della maggioranza di centrosinistra. La stoccata arriva dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno di mafia capitale e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Ed è nascosta nella relazione dedicata alla situazione dei comuni italiani sciolti per infiltrazione e condizionamento mafioso. E’ proprio in questo documento – 180 pagine, di cui 88 dedicate a Roma capitale, approvato nel maggio scorso – che le verità di Marino si sciolgono come neve al sole.
Lo scenario è Mafia capitale. Il rapporto dell’organo collegiale presieduto da Rosy Bindi ripercorre la vicenda giudiziaria: cita gli atti della commissione di accesso del prefetto Magno per sottolineare «l’inadeguatezza dei controlli durante la giunta Marino». Poi prosegue: «Nonostante la denuncia del servizio ispettivo del ministero dell’economia non si era approntata alcuna risposta organizzativa né si era sollecitata l’eventuale adozione di interventi in autotutela per gli affidamenti del settore sociale, delle politiche abitative e del verde pubblico».
Senatori e deputati smentiscono il chirurgo dem: «Nessun sentore di irregolarità nei conti del comune, solo richieste per contributi straordinari»
E poi i cinquanta, tra deputati e senatori, che siedono a Palazzo San Macuto vanno giù duro e assestano il colpo. «Va aggiunto – si legge nel documento – che il sindaco Marino aveva ribadito con forza, sia durante la sua audizione innanzi questa commissione sia facendone oggetto di un preciso passaggio della lettera inviata al prefetto Gabrielli, di essere stato il primo e unico sindaco a richiedere, già all’indomani del suo insediamento, al Ministro dell’economia, una Survey su Roma Capitale al fine di fare chiarezza sulla situazione finanziaria dell’ente». Falso, stando a quanto si legge nella relazione: «In realtà, il carteggio intercorso tra il sindaco e il ministro dell’economia, prodotto dallo stesso Marino in occasione della sua audizione del 17 dicembre 2014, attesta cosa diversa. La richiesta del sindaco al Mef non trovava genesi nel sentore di irregolarità nei conti del comune, ma era diretta a ottenere contributi straordinari. Infatti, il sindaco intendeva avere una certificazione sul bilancio che quantificasse il disavanzo in modo che lo Stato, con legge speciale, provvedesse a ripianarlo. Il Ministro aveva risposto che non gli competeva di certificare i bilanci e che, semmai, avrebbe inviato gli ispettori. Questi ultimi, poi, esaminavano i conti e la gestione del comune di Roma, scandagliando gli atti dall’ottobre 2013 al 15 gennaio 2014, e inviavano al sindaco una dettagliata relazione che poneva in evidenza macroscopiche irregolarità e numerose criticità strutturali».
Gaffe, mezze verità, piccole bugie, smentite in corsa. Il campionario della classe politica italiana è vario e ormai consolidato. Ma non tutti i giorni accade che sia una commissione d’inchiesta parlamentare a sconfessare un sindaco.