di Massimiliano Rosicarelli
La decisione di chiusura dell’ordine francescano provinciale scuote la città. La gente di Palestrina a difesa del convento di San Francesco
Palestrina. L’atteso incontro di sabato sera al convento di San Francesco, tra i frati e la cittadinanza prenestina, informata sulla imminente chiusura dello storico luogo religioso, ha destato più preoccupazione del dovuto, con risposte insistentemente silenziose e perplesse che hanno avvolto la serata, priva di effettiva chiarezza in merito alle voci palesate da ogni parte e non oggetto di discussione degli stessi frati. Già, i frati presenti si sono limitati a riassumere brevemente la situazione non entrando minimamente nel problema, dando solo un nome ed un cognome, fra Luigi Recchia quale responsabile della decisione di chiusura del secolare convento prenestino.
Si sono invece prodigati nel chiedere loro una sistemazione, proponendosi in un casolare o in un luogo più piccolo per proseguire, a detta loro, un rapporto di vita con Palestrina e la gente che li ha accolti nella terra prenestina. A mettere in discussione le parole dei frati, la richiesta incalzante della gente stessa che, dopo aver civilmente ascoltato, ha preso la parola singolarmente chiedendo delucidazioni sui lavori eventualmente da eseguire, per mettere in sicurezza alcune aree del convento, e sulla volontà degli stessi frati di restate a Palestrina.
Qui, tra lo stupore generale, alla domanda “Se troviamo la copertura economica per i lavori, voi sareste disposti a restare nella missione di obbedienza francescana qui a Palestrina?”. La risposta di Fra Arturo è stata drastica: “Se devo restarci ci resto ma a malincuore”. Una doccia fredda che, però, non ha minimamente intaccato la gente di Palestrina che chiede con urgenza un incontro con Fra Recchia, responsabile della struttura e degli altri conventi di Lazio ed Abruzzo.
Nell’incontro di sabato sera, è paradossalmente emersa una mancanza di dialogo e di volontà di confronto tra i rappresentanti dell’Ordine francescano provinciale, regionale e la popolazione prenestina, da secoli devotissima al Convento e affezionata alla presenza dei frati sul proprio territorio.
Ci vediamo costretti a rivolgerci agli organi di informazione, sia locale che nazionale”, afferma con tono deciso un cittadino di Palestrina, amareggiato dalla sensazione che i Frati siano più attenti a trovare una collocazione alternativa che a farsi portavoce dei propri superiori nella richiesta di un incontro con la gente di Palestrina, per trovare rapidamente un tavolo di confronto e, possibilmente, rivedere se ci sono margini per rivedere la decisione di chiudere il convento.
In una Chiesa in cui ci si parla spesso di corresponsabilità dei laici, si è avuto un senso di chiusura rispetto ad un venire incontro a quelle persone che si dicono in pena per le sorti di quello che è parte della loro stessa vita; di quel convento che “nei secoli ha costruito, custodito, difeso e amato l’Ordine di Francesco e la gente di Palestrina, da sempre pronta a collaborare per i Frati e per il convento stesso che ospita anche la Mostra Presepistica e che richiama decine di migliaia di fedeli ogni anno.
Con grande partecipazione emotiva la gente ha espresso, profondo, il desiderio di preservare comunque in convento. “Sorto per ospitare i frati custodi del nostro Santuario, – ha detto una signora con le lacrime agli occhi – il nostro convento è, e deve rimanere, quello che è, con o senza i frati, non lasciando spazio a facili speculazioni”.
Intanto, stasera per le vie di Palestrina sfilerà la processione di Sant’Antonio da Padova, la cui statua è custodita e venerata proprio nella chiesa di San Francesco. In processione vedremo anche i Frati, cui chiediamo a cuore aperto di far venire urgentemente a Palestrina Fra Luigi Recchia per capire che intenzioni lo abbiano portato a prendere la drastica decisione di far chiudere un convento che è storia pura di Palestrina e dell’Italia.
La difesa del convento di San Francesco ha il sapore di qualcosa di eroico, ma che cos’è per voi il convento? E’ facile unirsi sotto la bandiera della tradizione, ma salvare il convento per farci cosa? Una struttura architettonica, per quanto storicamente importante, è viva solamente se ci sono all’interno persone che la animano e che hanno una missione. Volete voi decidere quale sia la missione che il convento deve portare avanti? La corresponsabilità dei laici non significa dittatura dei laici, ma schierare le proprie competenze e possibilità per raggiungere un obiettivo comune.
Ho lasciato un commento a quest’articolo ormai due settimane fa, ma ancora non è stato pubblicato. Come mai? Non ho scritto nulla di offensivo o altro. Quindi non capisco. Non vorrei pensare che il motivo sia il pensiero che esprime.
Attendo risposta.
Come può notare il sito hai dei ritardi a tutto tondo. Solo questioni tecniche. Grazie