Coronavirus, la responsabilità dell’obbedienza civile

Non fa distinzione di censo, rango, sesso o religione, il Covid-19 colpisce tutti e il caso Trump è solo l’ultimo degli esempi lampanti di un concetto (anche se il contrappasso è puramente casuale): l’unica vera difesa è il rispetto delle regole.

Dietrofront in mezza Europa, con Francia, Spagna, Germania, Belgio e Uk che affrontano nuove chiusure, nuove limitazioni agli spostamenti. L’Italia che ad oggi ancora gode di un lockdown che ha dato i suoi frutti, negli ultimi giorni sta scontando l’allentamento delle regole e delle chiusure del periodo estivo.

No, la soluzione non poteva essere quella di una chiusura generale per mesi, l’economia doveva pur riprendere a camminare, dovevamo immaginare tiepide e problematiche riaperture di scuole, attività sportive, di un po’ di vita sociale.

Se scendessimo a livello locale, nelle ultime ore Palestrina e i paesi limitrofi hanno ricominciato la conta dei contagiati (perdonate il gioco di parole) e lo spettro di nuove limitazioni si affaccia alla finestra delle nostre case.

Al di là di teorie complottistiche e negazionismi vari che lascio all’oblio dell’idiozia, oggi ciò che occorre è il rispetto di poche regole semplici, la determinazione nel rispettarle, un’obbedienza civile come quella manifestata durante la chiusura di Marzo, dove ogni nostro comportamento era volto alla salvaguardia della comunità, piccola o larga che fosse intesa.

Lasciamo da parte i romanticismi dei balconi, degli arcobaleni e degli “angeli” degli ospedali, perché seppur ci abbiano aiutato ad andare avanti in quei mesi difficili, con la realtà hanno poco a che fare, così come aveva poco a che fare la speranza che davvero qualcosa cambiasse a causa di questa pandemia.

No, nulla è cambiato, nemmeno il virus è cambiato, e non è cambiato nemmeno il modo di contrastarlo, un piccolo fondamento civile fatto di poche azioni: utilizzare la mascherina, mantenere la distanza sociale, lavare spesso le mani, stare a casa se non ci si sente bene, scaricare l’app “Immuni”.

Avere dei politici che soffiano sul fuoco della disinformazione, allertando cittadini già confusi e impauriti che giocano sul buonsenso delle persone, che allentano i bulloni della coscienza collettiva, già di per sé arrugginita, non aiuta, lo sappiamo; così come non aiutano le schermaglie tra virologi, medici, infettivologi, che passano più tempo in tv che nelle corsie degli ospedali o dei centri di ricerca a discettare con politici di bassa caratura.

Cosa ci rimane allora in questo grande caos? Il buon senso. Si, il buon senso ha un costo, in questo caso bassissimo ( a dispetto di quello pagato a Marzo): il rispetto delle precauzioni.

Non possiamo permetterci ulteriori chiusure, ne va delle nostre vite. Non possiamo permetterci altre decine di migliaia di morti, ne va delle nostre famiglie, dei nostri cari. Non possiamo permetterci di andare incontro ad una seconda ondata, come quella di Marzo, dobbiamo pretendere da noi stessi la responsabilità dell’essere cittadini.

Senza alcun moralismo, ne va del paese.

Pubblicato da Matteo Palamidesse

Vicedirettore di Numerozero, giornalista dal 2006 con la grande passione per la fotografia. Metà casa in Italia, metà in Etiopia. Divide la sua vita tra lavoro, famiglia ed amici (pochi ma buoni).

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