Special Olympics a scuola: il ruolo del docente volontario

a cura del prof. Lavinio Del Monaco

Tra le mille figure che ruotano intorno al mondo di Special Olympics, quella del docente volontario ha acquistato nel corso del tempo dei contorni sempre più nitidi e precisi.

Questo perché se già il movimento Special presenta le qualità che tutti riconosciamo sotto il punto di vista dell’inclusione e delle relazioni umane, va da sé che fare volontariato all’interno della scuola rappresenta una ulteriore crescita del suo spirito di base in un ambito che non solo potenzia la crescita dei bambini e dei ragazzi di oggi, ma anche migliora coloro che saranno i cittadini del domani. Sabato scorso a Palestrina abbiamo celebrato i 50 anni di Special Olympics, nel nome del motto “La rivoluzione dell’inclusione”: una rivoluzione che si basa finalmente su uno scambio di ruoli tra atleta e volontario, tanto che viene da chiedersi chi realmente include e chi davvero viene incluso. Ma, se è lecito dire così, il rapporto tra scuola e volontariato è di per se stesso speciale tanto che all’orizzonte vogliamo e dobbiamo vedere la nascita di una Special School: dipende solo da noi, da tutti noi che viviamo oggi questo meraviglioso universo, ciascuno apportando il proprio contributo generoso e onesto e in una certa misura visionario.

Sono passati dunque 50 anni da quando una grande donna visionaria, Eunice Mary Kennedy, creò dal nulla Special Olympics; a quell’epoca,

in una America proiettata verso il futuro, lei ebbe l’intuizione che lo sport potesse aiutare a superare le barriere sociali e mentali. In questi decenni, il mondo della scuola anche in Italia ha fatto enormi passi avanti: basti solo pensare alla terminologia formale della normativa, visto che siamo passati dal concetto di handicap a quello di disabile e finalmente alla definizione di diversamente abile, che è (o dovrebbe essere nelle intenzioni del legislatore) naturalmente inclusivo perché si focalizza sull’idea che tutti possediamo diverse abilità e che non vi sono abilità più abili di altre. Ma molto di più si può e si deve fare, tenendo lo sguardo puntato verso i prossimi 50 anni: se oggi celebriamo il movimento Special nato nel 1968, cosa celebreremo nel 2068 ? E’ possibile che (è statistico che, è destino che, sarà un dono se) alcuni dei nostri studenti volontari un domani incontreranno il mondo di Special Olympics come genitori: e di certo saranno dei papà e delle mamme migliori se avranno conosciuto dal di dentro il mondo di Special ai tempi della scuola, se avranno vissuto dentro il mondo di Special, nel profondo del loro cuore.

Essere un docente non è semplice: si sente sulle proprie spalle l’enorme peso della responsabilità, la responsabilità di contribuire almeno in parte alla crescita dei propri alunni, una crescita che peraltro noi non vedremo.

Al di là dei dati e delle date, al di là delle conoscenze e delle competenze didattiche, al di là dei banchi, della cattedra, dei voti e dei quaderni, questo è il vero compito di un docente: accompagnare per un tratto di vita una persona con lo sguardo lontano nel futuro. Special Olympics è un valido supporto, un aiuto concreto nella pratica quotidiana. La scuola non può essere solamente teoria e soprattutto non può essere distaccata dalla realtà: essa è parte integrante della realtà. E così la scuola deve respirare la vita, perché siano sempre presenti le parole del poeta latino Terenzio (Heautontimoroumenos, v. 77):

“Homo sum, humani nil a me alienum puto”

Sono un uomo, io penso che niente di umano sia a me estraneo

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