All’indomani del voto, Roberto Giachetti cita “Il Libro dell’Inquietudine” di Fernando Pessoa.
” Il mio desiderio è fuggire. Fuggire da ciò che conosco, fuggire da ciò che è mio, fuggire da ciò che amo. Desidero partire: non verso le Indie impossibili o verso le grandi isole a Sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo. Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni. Voglio riposarmi, da estraneo, dalla mia organica simulazione. Voglio sentire il sonno che arriva come vita e non come riposo. Una capanna in riva al mare, perfino una grotta sul fianco rugoso di una montagna, mi può dare questo. Purtroppo soltanto la mia volontà non me lo può dare”.
Dopo il tweet del marito di Virginia Raggi, e il pensiero del figlio di Giachetti, il dopo voto apre ai sentimenti anche per il candidato del Pd. Il testo, corredato da una fotografia di nuvole in cielo è stato pubblicato sul profilo personale di Giachetti.
Se solo proseguissimo la lettura dello stralcio di Pessoa però, ci accorgeremmo di altro.
“Un raggio di sole, una nuvola il cui passaggio è rivelato da un’improvvisa ombra, una brezza che si leva, il silenzio che segue quando essa cessa, qualche volto, qualche voce, il riso casuale fra le voci che parlano: e poi la notte nella quale emergono senza senso i geroglifici infranti delle stelle”.
Pessoa imaginava un raggio di sole a spaccare il manto di nuvole, un cielo di notte dalla quale emergono solo le stelle. Forse però parlare di raggi e di stelle in una giornata come questa, è davvero troppo.