Special Olympics: essere atleta-partner è un’emozione, è un privilegio

di Alberto Gerosi

Incontro speciale a Palestrina per vivere i racconti di esperienze differenti hanno avuto un unico comune denominatore: essere un volontario Special Olympics.

Sabato 10 novembre 2018, presso l’Auditorium Pierluigi di Palestrina (Rm), si è svolto un incontro speciale, quello che ha riunito i volontari regionali Special Olympics in una cornice di testimonianze provenienti da diverse fasce d’età e diversi ruoli, dallo studente liceale al professore-volontario. Grande presenza dell’ormai famigerato corpo volontari degli studenti dell’Istituto d’istruzione superiore “Eliano-Luzzatti”.

Presenti alla manifestazione, patrocinata dal Comune di Palestrina, l’Assessore ai servizi sociali, Raoul Mattogno, il sindaco di Castel San Pietro Romano, Gianpaolo Nardi, il dirigente scolastico I.C.K.Wojtyla, Manuela Scandurra e il dirigente scolastico IIS Eliano Luzzatti di Palestrina, Cinzia Delisi.

“Questo movimento fondato 50 anni da Eunice Kennedy, sorella di J.F.Kennedy, che credendo fortemente nelle capacità, delle persone con disabilità intellettiva, offrì loro la possibilità di valorizzare le loro diverse abilità e di spenderle produttivamente nella società, così nel 1968 fondò il movimento Special O. programma internazionale di allenamenti e competizioni atletiche per persone con disabilità intellettiva”.

“Se i primi 50 anni di Special Olympics sono stati impegnati per lottare contro l’emarginazione, gli stereotipi ed i pregiudizi, affermando il diritto all’integrazione, i prossimi saranno sotto il segno dell’inclusione e della leadership degli atleti S.O.”.

I racconti di esperienze differenti hanno avuto un unico comune denominatore: essere un volontario Special Olympics. Si è ripercorsa la lunga storia, ormai cinquantennale, del mondo Special Olympics, delineandone i caratteri, lo scopo principe, le trasformazioni, senza dimenticare le difficoltà incontrate, fino a giungere ad una straordinaria consapevolezza, quella di aver dato vita ad una vera e propria rivoluzione: la Rivoluzione dell’Inclusione.

Un lavoro di sensibilizzazione in primis, partendo dai più piccoli, cercando di educarli al rispetto e alla collaborazione, come racconta la giovane volontaria Ginevra, che si è occupata di coinvolgere bambini dai 3 ai 5 anni, in un progetto di inclusione all’interno delle scuole primarie, per poi ascoltare la spassosa testimonianza di Matteo, che con spontaneità delinea alla perfezione l’impatto travolgente della realtà Special Olympics, “un’insalata di emozioni”.

Si è passati quindi ad ascoltare chi è stato trascinato dal vortice di entusiasmo di studenti delle proprie scuole, come le due dirigenti scolastiche, Manuela Scandurra della “Karol Wojtyla” e Cinzia Delisi dell“Eliano-Luzzatti”, le quali parlano con orgoglio dei propri studenti che, attraverso esperienze simili, hanno l’opportunità di crescere e diventare le persone migliori del domani.

E come non citare il professore di latino e greco, Lavinio Del Monaco, catapultato egli stesso negli eventi Special Olympics ormai da diversi anni, a testimonianza di come spesso anche gli studenti possano far appassionare i propri docenti ad attività straordinarie, in cui si dimenticano le gerarchie, e l’amicizia la fa da padrona. Ma Special Olympics può essere anche il terreno ideale in cui far sbocciare un amore, che vede abbracciare Martina e Matteo, due volontari che si sono incontrati “per colpa” di Marco, atleta Special Olympics, nonché fratello gemello di Matteo, il quale è stato il collante che ha reso possibile l’unione dei tre ragazzi in una famiglia veramente speciale.

È così avvenuta una rivoluzione, che si propaga come cerchi che corrono nella quiete di uno stagno in cui è stato lanciato un sassolino, cinquant’anni fa, che sta coinvolgendo sempre più persone alla partecipazione, alla condivisione, all’inclusione; persone con ruoli diversi che si ritrovano a convivere in una realtà in cui tutti sono importanti, tutti sono speciali.

E c’è chi ha l’onore di vivere l’emozione più grande, quella di partecipare alle gare olimpiche, insieme al proprio team:

essere un atleta-partner vuol dire ritrovarsi catapultati in un vortice di emozioni che prima, da volontario, potevi solo percepire dall’esterno,

parlando con l’atleta nel breve tragitto che dalla zona pre-appello, portava al blocco di partenza, nelle tante gare di nuoto, a cui si può assistere partecipando agli eventi sportivi Special Olympics.

Si inizia dagli allenamenti, ci si conosce, ed è uno spettacolo unico vedere la diversità di stile, di approccio, di agonismo allo sport del nuoto; tanti scherzi e risate fra una vasca e l’altra, urla di incitamento per spronarsi tutti a far bene. Si percepisce un’atmosfera giocosa, spensierata, in cui lo sport è puro divertimento. Finalmente arriva il giorno della gara, e ti rendi conto che qualcosa è cambiato, sei lì, con il costume e la cuffietta, gli occhialetti che nascondono occhi agitati, con l’adrenalina che sale, l’ansia che inizia a farsi sentire, la tensione e la concentrazione prima del fischio e la voglia di nuotare per una causa che va oltre la medaglia: condividere. E ti ritrovi a sentire la responsabilità di dover fare del tuo meglio, di impegnarti al massimo, e nasce dentro di te uno spirito agonistico che non avevi mai avuto, perché sai che quei ragazzi ti hanno donato tanto, incondizionatamente, illimitatamente, e pensi di dover ricambiare dando il 101%.

Essere un atleta-partner è vivere lo sport nella sua prima essenza; non una sfida con gli altri, ma una sfida con se stessi, quella sfida che spesso, noi “normodotati” abbiamo timore di affrontare.

Essere un atleta-partner è capire che non importa arrivare primi, ma confrontarsi con i propri limiti, superarli e gioire del traguardo raggiunto.

Essere un atleta-partner è emozione, essere un atleta-partner è un privilegio.

APPROFONDIMENTI:

Special Olympics a scuola: il ruolo del docente volontario

 

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