Con la morte di Manuel Mancini il territorio perde un uomo ed un giornalista che si è distinto per serenità e correttezza professionale
di Massimo Sbardella
La morte improvvisa, e inattesa, di Manuel Mancini è stata come un pugno nello stomaco. Al di là della cronaca, spicciola ed essenziale, di un malore che colpisce un giovane di soli 37 anni senza alcun preavviso, in una mattina di settembre, ciò che mi interessa è dedicare due parole per ricordare un giornalista che, pure se in un territorio avvelenato dal clima politico spesso sopra le righe, riusciva sempre a mantenere il sorriso e la propria serenità. Dall’editoria allo sport, dall’imprenditoria alla politica, Manuel si approcciava al prossimo sempre con cordialità.
Nel giornale che dirigeva non aveva preclusioni per nessuno e ospitava qualsiasi notizia con pari dignità. Come è giusto che sia. Sempre disponibile al confronto e alla collaborazione, anche con colleghi di testate diverse, ho sempre stimato Manuel per le continue idee e progetti, per la voglia di mettersi in gioco, per la sua professionalità con cui faceva ogni cosa.
Più volte, in questi anni, mi è capitato di incrociare le nostre strade, acquisendo una stima vera e sincera dell’uomo, prima ancora che del giornalista. Pensare che non ci sia più, che se ne sia andato a soli 37 anni, è qualcosa di assurdo e inspiegabile. Inaccettabile direi.

I tanti attestati di stima che ho avuto modo di leggere in queste ore sono la conferma di quanto, in questi anni, Manuel sia riuscito a farsi apprezzare da tutti coloro con cui ha avuto a che fare. Un calore ed un affetto che, almeno in parte, riempiranno il grande vuoto che questa morta lascia nella moglie Arianna e nella piccola Azzurra (che amava più di ogni cosa). Ciao Manuel
