Lavorano da anni per il Consorzio enti pubblici, l’ente che riunisce 15 comuni dell’area prenestina per riscuotere tributi, e sono gli unici a pagare la grave situazione finanziaria: da mesi senza stipendio, senza contributi e senza buoni pasto. E senza una parola di conforto

di Massimo Sbardella

Alla viglia del Santo Natale è impossibile non pensare ai dipendenti del Cep, il Consorzio Enti Pubblici con sede a Zagarolo, che sono senza stipendio ormai da 4 mesi. E’ difficile, in un periodo in cui gran parte delle famiglie fatica ad arrivare a fine mese, immaginare queste donne e questi uomini che – da 120 giorni ormai – per pagare le bollette o dare da mangiare ai propri figli sono costretti a rivolgersi ai genitori o a qualche familiare soltanto perché l’azienda per cui lavorano non li paga.

Un consorzio di comuni che non rispetta i lavoratori

Non un’azienda qualsiasi, sia chiaro, ma un Consorzio di comuni sulle cui scelte strategiche e aziendali decide l’assemblea di quei 14 sindaci (o quanti ne sono rimasti) che dovrebbero avere a cuore le sorti di questi lavoratori, in quanto sono anche cittadini di questo territorio. E invece, a quanto pare, al Cep di tutelare le sorti dei propri dipendenti (le vittime della mala amministrazione di questo ente) non interessa affatto, considerando che – oltre agli stipendi – non vengono neanche versati i contributi previdenziali né dati i buoni pasto (addirittura da sei mesi). In compenso, e questo pare folle solo pensarlo, viene negato ai lavoratori lo smart working (che, quanto meno, consentirebbe loro di risparmiare i soldi della benzina!).

La storia recente del Cep

Una situazione incommentabile che vede padri e madri di famiglia pagare per colpe di altri. Da oltre due anni ormai la gestione del Cep ha evidenziato tutte le proprie falle. Il presidente Gaetano Bartoli e il direttore generale Paride Pizzi (ex Sts di Frascati, la municipalizzata finita coi libri in tribunale), che dal 2018 al 2020 guidarono il Cep verso il baratro, sono stati sostituiti – nell’estate 2021 – da un Cda (presidente Raffaele Ranaldi, membri Oliviero Olivetti e Maria Letizia Ficoroni) che aveva il compito di approvare un bilancio (quello del 2020) con 8 milioni di euro di debiti, varare un piano di rientro da far approvare ai sindaci dei comuni membri (Artena, Bellegra, Casape, Colonna, Genazzano, Labico, Percile, Poli, Rocca Priora, Rocca di Cave, Roiate e Zagarolo, mentre Cave, Gallicano nel Lazio, Palestrina sono usciti da tempo) e capire se fosse possibile salvare questo ente allo sbando o ratificare un fallimento che, come conseguenza, potrebbe portare al dissesto molti dei comuni soci.

L’agonia e il sit in inascoltato

Purtroppo, dopo oltre un anno, il 16 novembre scorso l’assemblea dei sindaci ha dovuto prendere atto delle dimissioni del Cda e, dopo qualche settimana di incertezza, anziché avviare il doloroso (ma, forse, necessario) percorso di liquidazione o fallimento, si è pensato bene di nominare un nuovo amministratore unico (Antonio Di Paolo) per prolungare l’agonia del Cep. Scelte lecite, sia mai, ma molto discutibili. Soprattutto se queste vengono prese sulla pelle dei lavoratori, che non possono lavorare senza ricevere lo stipendio con cui vivere.

A nulla è servito neanche il sit in che i lavoratori hanno messo in campo il 29 novembre. Non che si aspettassero una soluzione, certo, ma neanche una parola di conforto, una pacca sulla spalla. Niente. Ignorati come gli ultimi degli ultimi da un’azienda (un consorzio di comuni, ricordiamolo) che, qualche giorno prima, non si era presentata neanche all’ispettorato del lavoro per un tentativo di conciliazione.

Il grido di allarme dei lavoratori

“Dopo 10 anni o forse più, – scrivono i lavoratori – siamo costretti a lavorare a pieno ritmo, sì a pieno ritmo, per garantire quanto i Comuni soci hanno messo in bilancio, senza percepire stipendio. Non è più accettabile lavorare senza essere pagati! Il CEP esplica attività complesse e articolate che vanno dalla riscossione ordinaria, all’accertamento tributario, alla riscossione coattiva. Di contro, la reiterata violazione di tutti i principi costituzionali posti alla base della tutela del lavoratore: ci è stata negata la cassa integrazione; ci è stato negato lo smart-working; ci è stato negato un confronto presso l’ispettorato del lavoro. E quando abbiamo incaricato un legale, l’avvocato Alessandro Pasquazi, per tutelare i nostri diritti, siamo stati fatti oggetto di atti eufemisticamente definibili “pressioni” a desistere. Non chiediamo altro che il diritto-dovere di mantenere le nostre famiglie con il nostro lavoro, senza essere costretti a rinunciare alla nostra dignità!”.

Il caso finisce dal Prefetto di Roma

La vicenda del Cep, intanto, martedì pomeriggio è finita sul tavolo della Prefetto di Roma dove si sono rivolti alcuni consiglieri comunali di minoranza dei comuni soci: “Abbiamo illustrato ad un vicario del prefetto – spiega Giovanni Luciani di Zagarolo – come stanno le cose. Per far capire meglio cosa succede, non ultimo l’insolita nomina dell’attuale amministratore a chi fino a ieri aveva incarichi particolari nel Cep,  abbiamo lasciato al prefetto un fascicolo con carte e documenti”.

L’unica cosa certa è che per le 14 famiglie di chi lavora al Cep il Santo Natale non sarà certo un Natale sereno visto che l’aria sarà pervasa dall’incertezza per il futuro e dalla dura realtà di lavorare senza stipendio da troppo tempo.

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