Il giovane Edoardo Cavalieri di Civitavecchia col braccio rotto. E l’AIA impone lo stop nel weekend
Di Massimiliano Rosicarelli
Prima o poi doveva succedere ed è successo. Il calcio laziale dilettantistico si ferma per violenza. Si, un vile gesto che ha scatenato un inevitabile putiferio nelle istituzioni calcistiche regionali e tra le società.
Un braccio rotto ad un giovane arbitro, Edoardo Cavalieri di Civitavecchia, durante la gara di Terza Categoria tra Corchiano e Cellere (3-2) giocata il 30 novembre scorso: un calciatore di casa (di cui sarebbe opportuno conoscere nome e cognome per evidenziarne la pochezza) lo avrebbe strattonato fino a provocargli la frattura.
Trasportato all’Ospedale di Civita Castellana l’arbitro ha avuto una prognosi di 30 giorni per la frattura del capitello radiale del gomito sinistro. Il giovane ha sporto denuncia ai carabinieri che indagano per fare luce sull’episodio. Ed il mondo del calcio reagisce con uno stop dell’Associazione Italiana Arbitri, annunciata dal presidente Carlo Pacifici, e sottoscritto dai presidenti di Sezione tramite il presidente del Comitato Regionale Lazio Francesco Massini, che coinvolge tutte le categorie, dall’Eccellenza a scendere. Non si gioca, quindi, nemmeno in Promozione, con Palestrina Alatri che slitta ad altra data come pure tutte le partite di Zagarolo, Cave, Castel San Pietro e via dicendo.
Un provvedimento molto duro con cui si vuole contrastare una violenza che, ad onor del vero, parte da lontano e non giova al movimento calcistico, e non solo dilettantistico. Proprio per questo sarebbe stato importante che a fermarsi fossero anche i professionisti, per dare un senso di unità e forza alla protesta contro un gesto folle che, quasi sempre con conseguenze meno gravi, si accenna quasi ogni domenica in mezzo al campo.
Il vero problema, oltre al braccio rotto di un ragazzo al quale esprimiamo vicinanza e auguri di pronta guarigione per tornare presto sui campi a vivere la propria passione di arbitro, è che non esistono tutele per chi scende in campo la domenica, specie nelle serie minori.
L’approssimazione delle regole fa rabbrividire con arbitri mandati spesso allo sbaraglio e commissari di campo che molte volte fanno male il proprio lavoro. In un periodo in cui la vocazione arbitrale è sempre meno, è difficile arbitrare senza guardalinee in ogni campionato e non solo dalla Promozione in su. Salvo poi, dinanzi a questi avvenimenti, diventare tutti buonisti e commentatori di pace, illustri sapientoni da tastiera che, nella realtà, ritroviamo spesso la domenica in campo o sulle tribune a sfogare la rabbia accumulata in settimana cercando di intimorire l’avversario o il direttore di gara, con insulti o minacce.
In questo contesto, quindi, una singola domenica senza calcio finisce solo per dare importanza ai delinquenti che si spacciano per tifosi e calciatori, dirigenti e presidenti senza manco conoscere l’Abc della vita pallonara.
Si accelerino le riflessioni tra classe arbitrale, Comitato Regionale Lazio e Figc per garantire, ai campionati, direzioni di gara che siano altrettanto serie e con una bella dose di umiltà che farebbe comodo un po’ a tutti, perché a volte sono gli atteggiamenti degli stessi arbitri e dei calciatori a creare inutili tensioni.
Non se ne farà nulla senza la coesione tra le parti, resterà solo una domenica priva di calcio che poi tornerà a fare la voce grossa tra una settimana con un rigore negato evidente, un fuorigioco inesistente, un gol fantasma. Tra i grandi, dalla serie A alla serie C, fioccano milioni e un ragazzo di Civitavecchia non può vivere serenamente la propria passione arbitrale perché si trova col braccio rotto per una partita di Terza categoria, per un pallone che rotola sul campo e la gioia di costruttori presidenti prestati al calcio solo per i loro tornaconto e interessi personali. Il calcio vero in Italia non esiste più, facciamocene una ragione, ma bisogna riparare prontamente per salvaguardare i bambini delle scuole calcio senza illuderli in tenera età.