A cento anni dalla sua uccisione, scoperta oggi in via della Costa, agli Scacciati, la targa commemorativa per il martire antifascista. Le istituzioni mancano, ci pensa la famiglia.
di Elvira Casale
“In ricordo di Erminio Rischia, martire antifascista che visse in questa casa e in Via della Costa fu assassinato da mano violenta” (17 aprile 1888 – 18 dicembre 1923)”. Questa la targa in onore del mio bisnonno Erminio Rischia che, domenica 17 dicembre, a 100 anni dalla sua uccisione, è stata esposta nel retro della casa in cui ha vissuto in via degli Scacciati.
L’impegno della famiglia per ricordarne la figura
Dopo due anni di impegno, profuso dai cugini di mio padre, Franco e Maurizio Leggeri, domenica 17 dicembre si è svolta una piccola ma partecipata cerimonia, alla presenza di parenti e amici, con lo svelamento della targa in onore di nonno Erminio. Intenso e commovente il racconto che Maurizio ha scritto, e letto durante la cerimonia, sulla vita e le gesta di una figura che ha dato la vita per Palestrina. Erminio Rischia morì, infatti, a soli 35 anni il 18 dicembre del 1923, dopo 2 giorni di agonia a seguito di un colpo di pistola: “gli spararono in volto per tacitare ciò che non poteva essere zittito; gli spararono in volto per annientarne la forza d’animo..”.
Una vita a difesa dei più deboli
Fin da giovanissimo, si era sempre posto in difesa dei più deboli, contro le ingiustizie di potenti e prepotenti. Uno tra loro, al servizio del sistema di turno, gli ha tolto la vita. “Uno a cui avevano insegnato che andassero spente le voci di coloro che la pensavano diversamente. E Erminio la pensava diversamente! Anzi, già esternando le sue convinzioni, era diverso dalla gran parte delle persone che allora non pensavano, ma solo ubbidivano”. Con altri contadini come lui aveva condiviso il sogno del riscatto del lavoro, “della piccola e grande politica, di come arrivare a sera con un pasto caldo per la famiglia e della Marcia su Roma”, di libertà e giustizia. Con il loro simbolo “che custodivano come fosse una reliquia e che sventolavano ogni 1 maggio”, quella bandiera rossa con falce e martello, simbolo del loro lavoro. Quegli ideali, socialisti e antisistema, per i quali è stato ucciso.
Oggi, a 100 anni da quel gesto vile e violento, la sua famiglia ed il quartiere in cui viveva, gli hanno finalmente reso omaggio come meritava. A lui, a sua moglie Quinta ed ai suoi tre figli, Elvira, Dante e Pia.