L’intervista: Manuel Magliocchetti

Intervista a Manuel Magliocchetti, candidato alla carica di Sindaco per la città di Palestrina

Buongiorno Manuel, andiamo diretti: la tua esperienza parte da lontano, non sei un novello. Ma questa tua candidatura da dove parte?

La mia candidatura parte da lontano, dalla costruzione di un progetto: la costruzione di una forza di centrosinistra e l’aggregazione di un insieme di movimenti civici. Credo che un progetto che abbia come obiettivo Palestrina, debba tenere conto dei movimenti civici della città.

Abbiamo nella nostra coalizione 4 movimenti d’ispirazione civica che provengono da realtà ben differenti: dall’imprenditoria all’associazionismo. Questa partecipazione è fondamentale, la chiamerei compartecipazione, perché significa avere più punti di vista a disposizione diversi dal proprio. La completezza di un’amministrazione, e questa per me è una certezza, credo la facciano anche i punti di vista dai quali la si osserva.

Alla base di tutto, anche nella composizione delle liste, vi sono esperienze di vita diverse ed un vero rinnovamento. Non parliamo di rottamazione però, perché il rinnovamento è ben altro, porta entusiasmo, è un plus. A tutti i candidati, ho detto semplicemente una cosa: cambiare la città lo si deve volere, perché la volontà è alla base di qualsiasi azione.

Come ho già fatto con i tuoi competitor, al netto del programma elettorale, le tre cose da fare subito per la città…

Dobbiamo riaprire immediatamente la viabilità della città, Via Eliano in primis, cosa che peraltro è già in itinere, visto i contributi della Città Metropolitana, della Comunità Montana e del Comune di Palestrina. A fronte di questo, occorre mettere mano al crollo verificatosi nella parte alta. Se parliamo di contingenza ecco, credo siano queste le prime mosse da fare.

Come secondo punto, la cultura: dobbiamo rilanciare veramente la città, e se come prima cosa mi viene da pensare all’ultimazione della biblioteca, cosa peraltro in atto, beh dobbiamo ripensare al concetto di turismo che vogliamo affiancare al nome di Palestrina.

Credo che si debba ripensare in maniera più semplice il concetto di turismo; la città è in grado di intercettare il turismo regionale, quello che viene dai Castelli, dalla provincia, quello mordi e fuggi che proviene da Roma. Palestrina non ha la vocazione per attrarre il turismo internazionale romano, con il quale sappiamo tutti che è ben difficile competere.

Occorre semplicità e soprattutto rimettere a regime ciò che abbiamo, rendendolo fruibile, semplice e adatto, anche al romano che viene a fare la gita fuori porta. Apro una parentesi, che è quella di Articolo Nove. Articolo Nove è il piccolo prototipo che secondo me incarna perfettamente la maniera con la quale dovremmo rendere fruibile la “cultura” ai nostri concittadini ed ai turisti. Bada bene, è un concetto, che secondo me funziona. Dobbiamo essere in grado di creare anche un turismo locale. Guarda quattro anni fa, quando facemmo la prima passeggiata alla scoperta della nostra città, eravamo quaranta persone, nell’ultima edizione ve n’erano centocinquanta, delle quali l’80% erano nostri concittadini!
Questo lo si fa solo se si ha una sinergia anche con il museo, con la Soprintendenza, con la Pro Loco, con il Comune.


Il terzo punto è rivedere l’approccio che l’amministrazione, e quindi anche i singoli uffici, hanno nei confronti delle necessità dei cittadini. Mi spiego: ho lavorato per 4 anni in stretto contatto con l’ufficio tecnico comunale. Bene, la prima cosa che ho cercato di fare è stato quello di tagliare la lontananza tra gli uffici (e la susseguente risposta dell’amministrazione) ed i cittadini. Qui ormai parliamo di vicinanza, perché chi entra a Palazzo Verzetti, all’URP piuttosto che all’anagrafe, tanto per citare due uffici, deve pensare di entrare a casa propria, non nel Comune. Basta con le barriere tra amministrazione, palazzo e cittadini!

Hai presentato la Fabbrica delle Idee. Ci spieghi meglio di cosa si tratta?

La Fabbrica delle Idee nasce dall’intuizione di poter tradurre il pensiero dei cittadini ad uso e spero consumo, di chi si prepara ad amministrare la città. Avevo la necessità e la voglia di sentirmi dare consigli, scambiare idee, immaginare percorsi, non tanto dai compagni e amici che condividono con me questo percorso ormai da tempo, piuttosto da coloro che vanno a studiare a Tor Vergata, dall’impiegato che va al lavoro al Ministero, dal pittore edile che va a lavoro a Roma e fa ritorno la sera.

Il 26 Gennaio abbiamo aperto i tavoli di confronto a tutti e la sorpresa è stata che ha partecipato tanta gente che con “i soliti noti” che gravitano intorno allo scenario politico locale, hanno poco a che fare; queste persone mi hanno sottoposto le proprie esigenze ed hanno immaginato insieme alla mia squadra, il futuro della nostra città. Tutte queste cose le abbiamo raccolte e le abbiamo analizzate. Le stesse persone, dopo aver fatto sintesi, sono state riconvocate. Bene da questo processo ne abbiamo tratto il documento che conosci, sottoposto successivamente anche alla coalizione che mi sostiene. Da questo confronto uscirà fuori il mio programma elettorale.

Cosa vorresti che accada il 27 Maggio? E soprattutto cosa vorresti che non accada?

Beh, non nascondo che vorrei che il 27 Maggio vi sia un risultato importante per me e per la mia coalizione e soprattutto per la città. In questi anni ho acquisito la giusta consapevolezza per sentirmi in grado di dire che aspirare a fare il sindaco non può essere una scelta fatta a cuor leggero. Non dico che non possano provarci tutti, ma per governare una città di 25000 abitanti nel modo più appropriato credo occorra fare un percorso, credo che occorra imparare alcune nozioni, credo che si abbia bisogno di fare esperienza amministrativa, credo che non ci si possa svegliare la mattina e dire di voler fare il sindaco, perché occorre la consapevolezza di capire cosa si sta facendo.

Ho le stesse facoltà degli altri, ci mancherebbe, ma chi si candida deve sapere che c’è un momento per le elezioni e poi c’è un momento per governare. Proprio per questo reputo fondamentale la squadra con la quale ci si candida; abbiamo già visto in passato che se si fa una squadra che deve esserci tanto per esserci, i risultati poi nel tempo si vedono. Un sindaco deve sapere scegliere, decidere, perché il sindaco è l’unico ruolo politico non adatto a chi non sa prendere decisioni.


Spero che non accada quello che sperano in tanti, ovvero che vi sia un afflusso alle urne basso o che, cosa ancor peggiore, che il voto non sia un voto pensato, ma dettato da altre logiche. Questo sarebbe lo scenario peggiore, anche se sono convinto che non accada nulla di tutto ciò, i prenestini sanno bene cosa vogliono.

Una battuta: c’è qualcosa che hai messo in piedi nella scorsa amministrazione che replicheresti?

La partecipazione. Se io oggi mi ritrovo un progetto come la Fabbrica delle Idee, se mi ritrovo questa coalizione che mi supporta, lo devo alla partecipazione. Anche nella scorsa amministrazione, tutto ciò che ho fatto l’ho fatto alla luce del sole, tutto era dettato dalla massima trasparenza.

Per fare il sindaco però occorre saper dire anche di no. Solo un sindaco veramente libero sa dire di no, ed io mi ritengo estremamente libero, sfido chiunque a provare il contrario. Se ci penso su, i no a volte possono creare problemi, possono far procurare qualche nemico, ma io sono così e non ho alcun problema a dirlo. Trasparenza, coinvolgimento dei cittadini e partecipazione. Solo in questa maniera il cittadino si sentirà veramente coinvolto nel futuro di questa nostra città.

Pubblicato da Matteo Palamidesse

Vicedirettore di Numerozero, giornalista dal 2006 con la grande passione per la fotografia. Metà casa in Italia, metà in Etiopia. Divide la sua vita tra lavoro, famiglia ed amici (pochi ma buoni).

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